Taraxacum officinale Weber

Taraxacum officinale Weber

Fam. Asteraceae

Tarassaco, Dente di leone, Piscialetto

Taraxacum officinale Weber

Taraxacum officinale foglie e fiori

Taraxacum officinale fiore

Taraxacum officinale frutto

Foto Mario Gottardi

 

Scheda botanica a cura di M. Gottardi

Pianta erbacea perenne, piuttosto polimorfa, provvista di grossa radice fittonante, esternamente bianca, bruna all’interno e con colletto avvolto da squame bruno-nerastre; lo scapo fiorale è singolo, fistoloso, alto fino a 40 cm.

Le foglie, disposte in rosetta basale, sono picciolate, roncinate, lanceolate, con margine lobato e dentato, talvolta profondamente inciso.

I fiori sono tutti ligulati, ermafroditi, di colore giallo dorato o aranciato, riuniti in un capolino di 2.5-4 cm di diametro, portato dallo scapo e circondato da squame involucrali di colore verde chiaro. La fioritura si prolunga da febbraio a giugno, talvolta anche tutto l’anno, a seconda delle zone.

I frutti sono piccoli acheni grigiastri, provvisti di un pappo a forma di ombrello, formato da setole bianche ramificate, e sono riuniti in una infruttescenza di forma globosa, denominato popolarmente “soffione”.

Il Tarassaco è una pianta a larga diffusione, talvolta anche infestante, che cresce negli ambienti antropizzati, negli incolti, nei prati falciati, nei campi, lungo le strade, dalla pianura fino a 1600 (2000) m di quota ca.. In Italia è presente in tutte le Regioni, con maggior frequenza in quelle settentrionali.

L’origine del nome generico deriva dal persiano “Talk-chûk”, che significa letteralmente “Erba amara”, mentre il termine specifico officinale fa riferimento alle proprietà medicinali della stessa.

Le giovani foglie del Tarassaco, consumate crude, compongono ricercate insalate dal gusto amaricante, mentre lessate costituiscono un contorno prelibato; possono anche essere stufate in padella, ben condite con olio e aglio e si usano moltissimo anche nelle minestre e nelle frittate.

I boccioli dei fiori possono essere canditi, oppure conservati sotto aceto o in salamoia come i Capperi.

La radice, invece, dal gusto amaro gradevole, si rivela ottima consumata cruda in pinzimonio, oppure lessata e condita con olio d’oliva. Un tempo essa veniva anche essiccata, tostata ed usata come succedaneo del caffè.

Il termine popolare “Piscialetto” allude alle proprietà depurative e diuretiche, ma la pianta è anche amaro-tonica, digestiva, colagoga e lassativa ed è usata nella cura delle disfunzioni epatiche, delle intossicazioni alimentari, della stipsi, dell’inappetenza e delle dispepsie.

Le virtù medicinali di questa pianta, ricca di vitamine, glucidi, sali minerali, inulina e sostanze amare, sono note sin dall’antichità. Tuttavia in Europa l’uso terapeutico del Tarassaco era sconosciuto fino al XV secolo, e solo nel 1564 il naturalista Bock lo prese per primo in considerazione, mettendone in evidenza il potere diuretico. Nel mondo arabo, invece, le virtù di questa pianta erano conosciute e sfruttate già nel X secolo.

Bisogna comunque fare attenzione, quando si raccoglie la pianta, perché, spezzando il gambo dell’infiorescenza, fuoriesce un liquido lattiginoso, che macchia la pelle e che è bene non avvicinare alla bocca, perché contiene sostanze tossiche.

Il Tarassaco è anche una buona mellifera, da cui si ottiene un miele con odore e sapore molto forti, ma che, per il periodo precoce di produzione, presenta un elevato contenuto in acqua, ciò che lo rende poco adatto alla conservazione.

Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.

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