Primula vulgaris

Primula vulgaris Huds.

Fam. Primulaceae

Primula comune

Primulavulgaris

 foto L. Agostinelli

Scheda botanica a cura di Mario Gottardi

Pianta erbacea perenne, cespitosa, alta fino a 15 cm, con rizoma rosso-bruno, obliquo, breve, e con grosse radici secondarie.

Le foglie, tutte disposte in rosetta basale, sono lunghe 5-10 cm, sono spatolate od oblanceolate, progressivamente ridotte alla base, ove terminano in un lungo picciolo, ed hanno margine eroso-dentato.

La pagina superiore è glabra, quella inferiore pubescente, villosa e di aspetto verrucoso.

I fiori, inseriti al centro della rosetta, sono ermafroditi ed attinomorfi; sono solitari, imbutiformi, con 5 stami e sono portati da peduncoli mollemente pelosi, alti 4-7 cm.

Essi hanno una corolla tubulosa, che si apre in 5 lobi petaloidi obcordati di colore giallo pallido, con macchie dorate e sfumature aranciate alla fauce, ed un calice anch’esso tubuloso, formato da denti lesiniformi. La fioritura avviene da febbraio a maggio.

Il frutto è una capsula ovoide, che si apre a maturità, liberando minuti semi vischiosi, che vengono disseminati dagli insetti.

Si tratta di una pianta igrofila e sciafila, largamente diffusa in tutta Europa, che cresce nei boschi di latifoglie, soprattutto faggete, querceti e carpineti, nei prati e nei pascoli, nei cespuglieti, nei luoghi umidi ed ombreggiati, dalla pianura fino a 1500 (2000) m di quota. In Italia è presente in tutte le Regioni, esclusa la Sardegna.

Quando a febbraio-marzo le Primule iniziano a spuntare, annunciano l’arrivo della nuova stagione e dei primi tepori. Sono infatti i primi fiori a sbocciare, spiccando coi loro colori luminosi nel bosco ancora spoglio e grigio. Proprio per questo motivo è stato dato loro in nome di Primula (la prima); da sempre questo fiore è considerato il simbolo della Primavera e del Rinnovamento, nonché l’emblema della Giovinezza e della Precocità.

Nel nostro Appennino è facile poter ammirare, sul terreno ancora brullo, le macchie colorate di diverse specie di Primula, fra cui, oltre alla Primula comune, la Primula odorata (Primula veris), con i fiori tubulosi, penduli, raccolti in una infiorescenza ombrelliforme all’apice dello scapo fiorale, e la Primula del bosco, (Primula elatior), simile alla Primula odorata, ma con foglie più grandi e fiori anch’essi di maggiori dimensioni e raccolti in una infiorescenza unilaterale.

La Primula ha varie utilizzazioni, fra cui quella decorativa di aiuole e giardini, ed infatti vengono coltivate a tale scopo numerose varietà e cultivar dai colori policromi.

Le qualità alimentari sono proprie delle foglie e dei fiori; le foglie sono bollite e consumate come verdure cotte o nei minestroni, mentre i fiori possono essere canditi, oppure aggiunti alle insalate o alle marmellate, cui conferiscono una simpatica nota di colore, o per farcire torte salate. I fiori si usano anche per preparare gradevoli bevande e tisane con azioni sedative, antistress, antispasmodiche e diuretiche, azioni dovute alla presenza di pigmenti flavonici.

Dai fiori, macerati nel vino bianco, si ottiene il cosiddetto  ”Vino di Primula”, che favorirebbe una buona circolazione; aggiunti al vino ed alla birra servono infine a conferire loro profumo ed a migliorare il bouquet.

La parte farmacologicamente più attiva è però il rizoma, in cui è presente un glucoside, la primulina; un tempo la radice veniva utilizzata come espettorante e per la cura delle malattie da raffreddamento, delle tossi e dei catarri.

Si tratta di pratiche terapeutiche in gran parte superate dalla moderna farmacologia, e comunque da non trattare con leggerezza, ma sempre sotto controllo medico. L’eventuale uso domestico dovrebbe essere limitato alle tisane calmanti ottenute dai fiori.

Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici, ecc. sono riportati a mero scopo informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.

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