Juglans regia L.
Fam. Juglandaceae
Noce comune
Foto Mario Gottardi
Scheda botanica a cura di M. Gottardi
Pianta d’alto fusto, caducifoglia, monoica, alta fino a 30 m, con chioma ampia, rami e tronco molto robusti, corteccia grigia, liscia, poi screpolata.
Le foglie sono imparipennate, lunghe 5-10 cm ca., con 5-9 foglioline obovato-ellittiche, coriacee, lucide e glabre; se stropicciate, emanano un aroma forte e gradevole.
I fiori sono piccoli, unisessuali, quelli maschili riuniti in amenti penduli, quelli femminili riuniti a gruppi di 1-5 elementi all’apice dei giovani rametti.
Il frutto è una drupa globosa, esternamente ricoperto da uno strato carnoso-coriaceo, verde (il “mallo”), che si stacca a maturità, scoprendo così il nocciolo interno, rugoso e legnoso, che contiene il seme (il “gheriglio”).
E’ una pianta mesofila, a lenta crescita, che predilige suoli calcarei freschi e profondi; è originaria dei boschi montani della Penisola Balcanica, da cui si è diffusa in tutta Europa; è ampiamente coltivata per i frutti eduli e si spontaneizza facilmente.
Le noci, ricche di sostanze oleose e dal gusto gradevole, sono ampiamente consumate ed utilizzate nell’industria dolciaria.
Con i frutti acerbi, raccolti tradizionalmente il giorno di S. Giovanni (24 giugno), si prepara un liquore molto apprezzato: il famoso “nocino”.
Le foglie ed il mallo, ricchi di tannini, possiedono proprietà astringenti e vermifughe.
Il legno del Noce è molto ricercato per la sua compattezza e la bella venatura: è impiegato per la fabbricazione di mobili e per lavori al tornio.
L’uso delle varie parti della pianta a scopo curativo è stato quasi sempre contrastato: alcuni antichi erboristi si preoccupavano più di sottolineare le proprietà negative che gli effetti benefici.
Dioscoride ne sconsigliava l’uso, perchè a suo dire, causavano mal di testa e di stomaco. Sant’Isidoro di Siviglia fa risalire il nome “noce” al latino “Noxis”, cioè “nocivo”. Fu solo dopo il XV sec. che la pianta venne rivalutata anche a scopo terapeutico.
I Greci, al contrario, lo chiamavano “Noce reale” o “Noce persica”, nomi che riflettono la sua importanza e la sua provenienza.
La somiglianza del gheriglio con il cervello umano portò, in base alle teorie medioevali elaborate da Paracelso e dai suoi seguaci (la già citata “Dottrina dei segni”), alla convinzione che potesse curare le infermità mentali.
Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.