Crocus neapolitanus (Ker Gawl) Loisel.

Crocus neapolitanus (Ker Gawl) Loisel.

Fam. Iridaceae

Croco, Zafferano maggiore

  CrocusneapolitanusZafferano

Foto Mario Gottardi

 

Scheda botanica a cura di M. Gottardi

Pianta erbacea perenne, alta 10-20 cm, con piccolo bulbo sferoidale, avvolto da fibre sottili, collegate a rete all’apice, e con foglie lunghe quanto il fiore.

Le foglie inferiori, in numero di 2-3, sono biancastre ed avvolgono la base come una guaina, mentre le altre, che compaiono durante la fioritura o poco dopo, sono lineari, con una caratteristica nervatura centrale bianca.

I fiori sono generalmente singoli per ogni bulbo, ermafroditi ed attinomorfi, inodori, con 3 stami ad antere gialle ed uno stilo, uguale o più lungo degli stami, che in alto si allarga in 3 stimmi di colore rosso aranciato, disposti a ventaglio.

Il perigonio è strutturato in 6 lacinie, generalmente di colore violaceo, più raramente bianco, di forma spatolata, riunite a tubo in basso. La fioritura avviene in aprile-maggio.

Il frutto è una capsula a 3 logge contenente minuscoli semi subglobosi e rossastri.

Si tratta di una specie originaria del bacino del Mediterraneo, che cresce nei boschi, nelle praterie montane e nei pascoli fino a 1500 m di quota ca.. In Italia è presente in tutte le Regioni, ad esclusione della Puglia e delle Isole.

Il nome generico “Crocus” deriva dal greco “Krokos” = “Filamento”, con riferimento ai suoi lunghi stami; il nome specifico “neapolitanus” indicherebbe invece la sua provenienza.

Molto simile a Crocus neapolitanus è Crocus albiflorus, o Croco bianco, con perigonio generalmente bianco, più raramente violetto, e con stilo più breve degli stami (secondo alcuni Autori si tratterebbe però della stessa specie).

I Crochi non vanno assolutamente confusi con i Colchici, piante molto velenose, simili nella forma e nel portamento, oltre che nei colori, ma che possono essere agevolmente riconosciuti per una serie di caratteri differenziali, fra i quali il più facile da osservare è il numero degli stami: i Colchici ne hanno 6, mentre i Crochi ne hanno solo 3.

Il Croco era conosciuto fin dall’antichità. Omero cita il Croco a proposito del talamo nuziale di Giove ed Era.

I Romani coltivavano Crochi sulle tombe dei defunti, ma non come segno di morte, bensì come buon auspicio per la vita ultraterrena. Per i Romani, infatti, i Crochi erano portatori di allegria, ottimismo, bellezza, amore e vitalità. 

Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.

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