Conium maculatum L.

Conium maculatum L. 

Fam. Apiaceae

Cicuta maggiore

Coniummaculatum L.2

 Conium maculatum L.1

Foto Mario Gottardi  

 

Scheda botanica a cura di M. Gottardi

Pianta erbacea biennale, alta fin oltre 1.5 m, con odore fetido e sgradevole di topo, con fusto eretto, cilindraceo, molto ramoso, glabro, striato longitudinalmente, internamente cavo, glauco, rossastro in basso, chiazzato nella metà inferiore da macule rosso-violacee ben evidenti; radice ingrossata, biancastra, corrugata-striata orizzontalmente.

Le foglie basali sono lunghe fino a 50 cm, sono 3-4 pennatosette con profilo triangolare, divise in segmenti ovali-lanceolati, ottusi o acuminati, profondamente dentati.

I fiori sono piccoli, bianco-verdastri, con 5 petali e 5 stami sporgenti dalla corolla; sono riuniti in ombrelle a 8-15 raggi ineguali. La fioritura avviene da giugno a settembre.

I frutti sono piccoli, rotondeggianti, riuniti a coppie, con costolature nette in rilievo.

La Cicuta è una pianta che ama i luoghi ombrosi e freschi e vegeta nelle aree ruderali, negli incolti, presso le siepi, ai bordi delle strade, su greti e fossati, fino a 1500 m di quota ca.. In Italia è presente in tutte le Regioni.

Si tratta di una pianta molto velenosa, che non va assolutamente confusa con altre piante commestibili, vagamente somiglianti, come il Finocchio e la Carota. La Cicuta maggiore può essere riconosciuta per l’odore sgradevole che emana, per il fusto cavo, molto lungo e maculato di rosso-vinoso e per i semi rotondeggianti, glabri e costolati.

La velenosità è dovuta alla presenza di alcuni alcaloidi, fra cui la conina, che, oltre ad essere caustica ed irritante laddove applicata, provoca la paralisi dei muscoli e la morte per arresto cardiaco e respiratorio, pur lasciando intatte le facoltà psichiche.

Probabilmente è con questa pianta che Socrate si dette la morte, considerata la sua diffusione in Grecia, nonché la narrazione di Platone nel Fedone, che descrive in dettaglio i sintomi dell’avvelenamento manifestati dal Filosofo.

I monaci dell’abbazia di Montecassino, nel XIII secolo, per narcotizzare le persone che dovevano essere sottoposte ad interventi chirurgici, utilizzavano una spugna imbevuta di estratto di Cicuta, Oppio, Mandragora e Giusquiamo, anch’esse tutte molto velenose.

Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.

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