Chelidonium majus L.

Chelidonium majus L.

Fam. Papaveraceae

Celidonia, Erba dei porri

Chelidonium majus

Chelidonium majus fiore

Foto Mario Gottardi

 

Scheda botanica a cura di M. Gottardi

Pianta erbacea bienne o perenne, alta 10-50 cm, con rizoma cilindraceo, carnoso, ramificato, lungo 10 cm ca., esternamente bruno-rosso, internamente giallo, con numerose radichette di colore arancio-bruno. I fusti sono prostrati o ascendenti, pelosi, laticiferi, ingrossati ai nodi.

Le foglie sono alterne, pennatosette, lunghe 7-15 cm, a contorno ovato, con 7 segmenti lobati o partiti, crenulati al bordo e cuneati alla base, con segmento apicale trilobo. Le foglie inferiori sono picciolate, mentre quelle cauline sono sessili; la pagina superiore delle foglie è verde scuro, quella inferiore è più chiara e glauca.

I fiori sono lungamente peduncolati, solitari o riuniti in numero di 2-6 in piccole ombrelle inserite in opposizione alle foglie.

Essi hanno un calice con 2 sepali precocemente caduchi, una corolla con 4 petali ovati di color giallo oro e molti stami. La fioritura si prolunga da marzo ad ottobre.

Il frutto è una capsula strettamente cilindracea, simile ad una siliqua, lunga 3-5 cm, eretta, glabra, che contiene molti semi reniformi, neri e brillanti e con un ingrossamento carnoso bianco.

Si tratta di una pianta a distribuzione circumboreale, che cresce nei luoghi ombrosi, lungo le vie, presso ruderi, macerie, vecchi muri, presso le siepi e negli incolti, dalla pianura fino a 1200 (1600) m di quota ca.. In Italia è presente in tutte le Regioni.

Una leggenda del ‘500 sosteneva che in nome del Genere derivasse da “Coeli donum”, ovvero “Dono del cielo”, per le sue qualità definite miracolose dagli alchimisti, ma in realtà già nel 1° secolo a.C. Dioscoride spiegava invece che esso trae origine dal greco Chelidon, = “Rondine”, perché il ciclo vegetativo della pianta coincide con il periodo di permanenza di questo uccello nelle nostre Regioni. Anche i Latini la chiamavano Hirundaria, cioè “Delle rondini”.

Tutta la pianta emana un odore forte e sgradevole; i suoi tessuti sono infatti percorsi da canali laticiferi, nei quali scorre un succo arancione, aspro e caustico, che fuoriesce abbondante alla minima incisione. Occorre fare particolare attenzione ad evitare il contatto con questo latice, specie sulle mucose, perché fortemente irritante; inoltre, se ingerito, causa lesioni alla bocca, alla faringe, vomito, ed anche paralisi e coma.

Si tratta di una pianta molto tossica, contenente diversi alcaloidi, resine e mucillagini, e di cui va evitata la raccolta e la detenzione. Si è riscontrato che i più noti e studiati principi attivi contenuti nella pianta hanno attività antispasmodica del fegato e delle vie biliari, e quindi essa trova positivo impiego in fitoterapia, ovviamente sotto stretto controllo medico; viene usata per la cura di affezioni epatiche e biliari e in generale per le affezioni croniche dell’apparato digerente.

Oltre alle proprietà sopracitate, la tradizione popolare attribuisce alla Celidonia anche quelle di rischiarare la vista, bruciare verruche e porri, estirpare calli, ecc., proprietà queste ultime utilizzate anche dall’antica medicina cinese e che le hanno valso la denominazione popolare di “Erba da porri”.

La Celidonia appartiene alla Famiglia delle Papaveraceae e gli alcaloidi in essa contenuti hanno struttura analoga alla morfina ed alla papaverina, con proprietà antidolorifiche, antispasmodiche e calmanti, ma con basso potere farmacologico, e quindi di uso decisamente pericoloso.

I semi sono muniti di una ghiandola contenente una sostanza oleosa, molto appetita dalle formiche, le quali agiscono da agenti disseminatori della pianta.

Per gli alchimisti del Medioevo la Celidonia era un ingrediente indispensabile per la fabbricazione della pietra filosofale. Faceva inoltre parte delle “Erbe magiche della notte di S. Giovanni”, con le quali si preparavano talismani, potentissimi filtri, oli, ma soprattutto i famosi “sali”, quelli per l’amore, per il lavoro, la fortuna, la guarigione e per togliere le negatività. Questi sali, mescolati alla Celidonia, dopo vari riti magici eseguiti rigorosamente in una notte di luna piena, venivano usati solo con la luna nuova ed il loro potere durava un anno. Messi sotto lo zerbino, ad esempio, allontanavano per sempre i falsi amici e gli invidiosi e proteggevano dai malefìci.    

Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.

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