Calendula officinalis L.
Fam. Asteraceae
Calendula, Fiorrancio
Foto Mario Gottardi
Scheda botanica a cura di M. Gottardi
Pianta erbacea annuale, più raramente bienne, con fusto lungo alcuni decimetri, angoloso, ascendente oppure eretto, variamente ramificato, e radice principale a fittone con numerose radichette laterali. Tutte le parti della pianta sono ricoperte da peli scabri ed emanano un odore aromatico.
Le foglie basali sono oblunghe, disposte a rosetta; quelle cauline sono alterne, con margine dentato e ghiandoloso, le inferiori spatolate, le superiori obovate ed amplessicauli.
Le infiorescenze, inserite al termine dei rametti, sono costituite da fiori esterni ligulati disposti su più serie, con ligule di colore giallo-arancio, e fiori interni tubulosi, gialli. La fioritura inizia ad ottobre e termina l’estate successiva.
I frutti sono piccoli acheni alati, rugosi o aculeati, la cui forma ricorda una falce di luna.
E’ una pianta rustica, spontanea, di origine incerta, che cresce negli incolti e nei prati, ma viene anche coltivata a scopo ornamentale; si trova un po’ ovunque, dalla pianura fino a 600 metri di quota ca. nell’area temperata e mediterranea, in posizioni soleggiate. In Italia è presente in tutte le Regioni.
Il nome “Calendula” deriva dal latino Calendae, termine con il quale si indicava il primo giorno del mese; ciò a significare che i fiori di questa pianta si rinnovano di continuo.
Dal punto di vista edule si utilizzano le foglie ed i fiori; questi ultimi, uniti ai brodi ed ai risotti, tingono di giallo come lo zafferano. Gli antichi ristoratori romani la utilizzavano fraudolentemente a questo scopo, in sostituzione dello zafferano, che era molto costoso. Foglie fiori si raccolgono a fine autunno.
La Calendula ha anche proprietà curative: emmenagoghe, antispasmodiche, antiinfiammatorie, lenitive, decongestionanti ed idratanti.
Fu a partire da Medioevo che la Calendula iniziò a ad essere apprezzata per le sue virtù salutari: Carlo Magno la incluse tra le piante officinali da coltivare nel suo vasto regno. Più tardi Santa Ildegarda, erborista e studiosa tedesca, la consigliava per la cura della tigna, per i disturbi dell’intestino, delle mestruazioni, del fegato ed anche per la puntura degli insetti ed i morsi dei serpenti.
Le tinture ricavate da fiori e foglie curano e rimarginano le ferite e varie malattie della pelle. Tradizionalmente veniva usata anche per estirpare calli, verruche e contro i geloni. E’ una delle piante più utilizzate nella dermocosmesi.
Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.