Bryonia dioica Jacq.
Fam. Cucurbitaceae
Vite bianca, Zucca selvatica


Foto Mario Gottardi
Scheda botanica a cura di M. Gottardi
Pianta erbacea rampicante, dioica, perenne, con fusti erbacei gracili ed ispidi, volubili, lunghi 1-3 m, provvisti di cirri avvolti a spirale, e con grossa radice a fittone, carnosa e lattiginosa.
Le foglie sono di colore verde scuro nella pagina superiore e verde grigiastre in quella inferiore; sono alterne, brevemente picciolate, palmato-lobate, simili a quelle della Vite o dell’Edera, con lobi arrotondati ed ottusi, ruvide ed ispide per la presenza di piccoli peli rigidi.
I fiori sono giallo-verdastri, riuniti in infiorescenze racemose poste in corrispondenza delle ascelle fogliari, i maschili e i femminili crescenti su piante distinte.
I fiori maschili sono riuniti in racemi ascellari più lunghi delle foglie, mentre quelli femminili in racemi più corti. I fiori hanno calice a tubo diviso in 5 lobi, mentre la corolla, a forma di campana, di colore giallo pallido striata di verde, ha anch’essa 5 lobi ovali-lanceolati. I fiori maschili sono lunghi fino a 2 cm, e sono grandi circa il doppio di quelli femminili, hanno 5 stami, di cui 4 saldati a 2 a 2 ed 1 libero, mentre quelli femminili hanno 3 stili saldati alla base, che terminano con 3 stimmi globosi e pelosi; l’ovario è triloculare e ciascuna loggia contiene 2 ovuli. La fioritura avviene fra aprile e giugno.
I frutti sono piccole bacche rotonde, grandi come piselli, prima verdi, poi rosse a maturazione.
La Bryonia dioica è una pianta abbastanza comune, amante dei luoghi umidi e freschi, che cresce nelle boscaglie umide, presso le siepi, sui greti di fossi, canali e torrenti, avvinghiandosi per sostenersi con i suoi viticci alle piante che crescono vicine. L’areale di distribuzione è Euri-Mediterraneo ed in Italia è presente in tutte le Regioni, esclusa la Sardegna, dalla costa fino a 800 m di quota ca.
Il nome del Genere deriva dal greco Bryon = “Brio” per la vivacità di crescita della pianta e della sua capacità di innalzarsi al di sopra delle altre.
La denominazione “Vite bianca” si riferisce al colore della radice, per diversificarla dal Tamaro o Vite nera (Thamus communis), parimenti tossico e che cresce nei medesimi ambienti, ma si diversifica per il colore nero dell’apparato radicale.
Si tratta di una pianta tossica in ogni sua parte, in particolare radice e bacche (40-50 frutti sono letali per un uomo adulto). L’avvelenamento da ingestione si manifesta con vomiti incoercibili, violente diarree, coliche addominali, paralisi respiratoria, collasso cardiocircolatorio, ed anche il succo della pianta fresca e delle bacche è irritante e vescicatorio.
Anticamente la Bryonia veniva impiegata a scopo terapeutico per curare le affezioni delle vie respiratorie e biliari, ma il suo impiego è stato quasi totalmente abbandonato, poiché il potere farmacologico è pericolosamente basso.
Attualmente dalla radice viene estratta la brionina, principio attivo purgante, ma il suo uso è riservato tassativamente agli specialisti del settore.
Le radici rigonfie e ritorte venivano vendute dai ciarlatani durante le sagre paesane, spacciandole per quelle delle più rare e costose della Mandragora (Mandragora officinalis), famosa fin dai tempi antichi per i suoi effetti afrodisiaci e per la cura della sterilità delle donne.
Secondo alcune recenti ricerche la Bryonia conterrebbe sostanze citotossiche in grado di inibire lo sviluppo di alcuni tipi di tumore.
Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.