Borago officinalis L.
Fam. Boraginaceae
Borragine
foto Mario Gottardi
Scheda botanica a cura di M. Gottardi
Pianta erbacea annua, con fusto ascendente, poco ramificato, sovente venato di rosso, carnoso e succulento, internamente cavo, alto fino a 60 cm ca., con radice a fittone. Tutta la pianta è caratterizzata dalla presenza di lunghe setole bianche che la rendono ispida.
Le foglie basali sono largamente ovate, lunghe fino a 20 cm, lungamente picciolate, con margine intero o dentellato e nervatura rilevata; quelle cauline sono più strette e lanceolate, alterne, subsessili, amplessicauli, ricoperte su entrambe le pagine da lunghi peli rigidi.
I fiori sono reclinati, riuniti in infiorescenze ampie e lasse, situate all’apice del fusto o dei rami; sono attorniati da brattee ed hanno un calice diviso in 5 lacinie verdi. La corolla è a forma di stella, composta da 5 petali di colore azzurro intenso (ma ne esiste una varietà a petali bianchi), saldati alla base in un tubo breve e biancastro; le antere degli stami sono riunite a formare un cono bruno-violaceo, posto al centro del fiore: la fioritura avviene generalmente fra aprile ed agosto (ma è molto più precoce al Sud).
I frutti sono piccoli acheni allungati, molto duri, riuniti in tetradi di colore bruno chiaro, contenuti nel calice, che si racchiude dopo la caduta dei petali.
Si tratta di una pianta a distribuzione Euri-Mediterranea, diffusa un po’ ovunque, sia nei terreni coltivati che negli incolti, nelle aree ruderali, ai margini delle strade, su terreni concimati, fino a 800-1000 m di quota ca.; in Italia è presente in tutte le Regioni, dall’areale mediterraneo a quello submontano.
Tutta la pianta è commestibile, ma va usata con cautela e saltuariamente. I teneri germogli, dopo una breve bollitura, sono consumati in pinzimonio, mentre le foglie possono essere utilizzate nei minestroni, per piatti di verdure cotte o nelle frittate; esse vanno raccolte in aprile-giugno, quando sono piccole e tenere e non hanno ancora sviluppato la peluria, che sarebbe irritante per il palato. Anche i fiori possono essere mangiati crudi in insalate o canditi per guarnire dolci, oppure possono essere impiegati per aromatizzare l’aceto, al quale conferiscono tra l’altro una caratteristica colorazione azzurrina.
Alcuni identificano l’etimologia della pianta col nome “Borus”, termine del tardo latino, che stava ad indicare un lungo mantello indossato dai pastori, fatto di lana di pecora ruvida, così come ruvide sono le foglie della Borragine. Secondo altri invece in nome della pianta deriverebbe dall’arabo “Abu rach”, che significa “Padre del sudore”, a testimoniare gli antichi usi della pianta a scopo sudorifero per abbassare velocemente la febbre in caso di raffreddori, bronchiti e reumatismi.
Per i Romani era simbolo di coraggio e, fino all’epoca medioevale, si continuò a sostenere che la pianta fosse in grado di procurare grandezza d’animo e risolutezza. Anche i Celti la usavano in modo analogo per infondere coraggio ai combattenti in battaglia. I Greci ed i Romani inoltre la consigliavano contro la depressione, somministrandola macerata nel vino, e Dioscoride sosteneva che i malati di nervi beneficiavano delle sue virtù rilassanti.
Attenzione: gli impieghi farmaceutici, fitoterapici, ecc. sono riportati a scopo meramente informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sugli utilizzi a scopo curativo, cosmetico, alimentare ed altri.